Ventiquattro anni per odiare.
Odiarci così tanto.
Un camion con cui trasportare tutto questo odio e fare una strage.
E indietro non si torna.
Non torna la fiaba che i mercatini di Natale sanno raccontare, non il profumo del freddo che sa di Natale, e neanche la spensieratezza di chi fra mille luci sceglie un dono.
E non tornano i ventiquattro anni che avresti potuto avere se quell’odio lo avessi cestinato, buttato via con fermezza.
Cancellato come le cose che non servono.
L’odio genera odio.
Vero.
Ma chi smette di odiare? E comincia ad amare? Quando?
Dopo quanti morti dilaniati possiamo cominciare ad amare? Perché i morti si sommano. Non hanno nazionalità. E così sono davvero tanti. Tanti morti e nessun motivo. Se non l’odio, ma l’odio è un sentimento.
Parliamo di interessi internazionali, politica, economia, petrolio, egemonia, potere…
Cazzate. Gli assassini semplicemente odiano.
E i morti muoiono.
Di tutto il resto a loro importa ben poco.
Ti odio e ti uccido. Questo è, facile.
Difficile da accettare.
Imprevedibile l’odio.
Incontrollabile.
Le barriere di cemento a Milano sono forse uno dei peggiori regali di questo 2016.
Io figli non ne ho, ma ho paura.
Ho paura che un giorno non lontano un bambino qualunque mi chiederà perché mettiamo muri di cemento anti camion. Perchè l’odio è potente soprattutto nelle risposte, e genera mostri.
E i mostri non hanno razza, ideologia e religione.
Al Natale non chiedo niente quest’anno, ma al 2017 si.
Chiedo sogni, empatia, umiltà, condivisione e rispetto.
Chiedo risposte ai miei tanti perché, piene di amore.
Per tutti.
Avrai amore, se davvero lo chiedi. L’ odio e’ una mina, un camion impazzito, un uomo neri. L’amore ha le ali e rinasce, riportando il Natale bambino.
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