Esiste negli ospedali una stanza strana, con dentro una cosa strana che fa un rumore strano. “Sembra una lavatrice” mi ha detto ridendo una bambina oggi.
Io le avevo raccontato di un’ astronave, magica, per andare in posti fantastici, la solita panzana che rifiliamo a tutti. Ma lei è stata più arguta di mille me. Perché è una cosa dove transitano tante storie. Storie di adulti ricoverati, con pochi giorni ancora da vivere, storie di bambini con una vita davanti, forse. Storie di infermieri, medici, tecnici di radiologia, che assistono, e vivono e ridono e si rabbuiano all’improvviso, dinanzi alla conferma di una diagnosi temuta. Amalgamano le loro esistenze e paure con quelle degli altri.
Calzini bucati con magliette firmate, bianchi e colorati se sei particolarmente consapevole della gestione, oppure prima solo i bianchi buoni e poi i colorati vecchi se sei diventato timoroso.
Ci mischi anche un pó la consapevolezza, come se fosse un ammorbidente. La puoi mettere prima, ma anche dopo, fa lo stesso .
Adele aveva ragione, la risonanza è una lavatrice. Non una navicella spaziale, o un jet supersonico, o un’astronave. Non va da nessuna parte.
C’è un magnete che gira, tu stai dentro , come e con tanti altri, e speri di uscirne pulito.